martedì 13 gennaio 2015

Sono... fusa!

Quest'anno ho deciso di non fare buoni propositi a Capodanno.. perché comunque ogni anno è la stessa storia: prometto di essere una persona migliore ma poi sono sempre la stessa! Quindi ho iniziato questo nuovo anno con un'analisi oggettiva di me stessa.. ed ho concluso che quest'anno farò quello che mi pare e piace! 

Poco prima di Natale ho pensato di comprare dei rametti di cotone, che in quel periodo vengono di solito venduti come decorazione.. e mi è venuto  in mente che avrei potuto filarlo!
Ho fatto qualche ricerca e ho conosciuto meglio questa pianta scoprendo che ce ne sono di diverse varietà, tra cui alcune (poco diffuse) in cui la bambagia cresce naturalmente di colore marrone, beige o verde. Queste varietà sono molto antiche, ma la loro produzione a livello industriale non ha destato molto interesse perché le fibre sono particolarmente corte e quindi è estremamente difficile filarle.

Ho quindi preso i miei rametti di cotone ed ho iniziato ad aprire questa bambagia, che contiene i semi della pianta, proprio come un frutto. In ogni batuffolo ho trovato circa 8 semi e la sensazione che provavo ogni volta era indescrivibile: ho capito pienamente il significato della parola BAMBAGIA! Una miriade di fibre corte che si arrotolano ed attorcigliano attorno ad un piccolo seme per proteggerlo e permettergli di essere trasportato dal vento senza pericoli, per dare vita ad una nuova pianta.. mi ha fatto capire quant'è meravigliosa la natura, che pensa ad ogni particolare per proteggere le sue creature!



Ho scoperto anche che, date le dimensioni estremamente corte delle fibre del cotone (in media circa 2cm), bisogna filarlo con un attrezzo apposito, il Tahkli, un fuso di metallo molto piccolo e leggero, che si usa poggiandolo su una superficie e facendolo girare vorticosamente, come una trottola! Molto più conosciuto del Tahkli è il Charkha, un filarello inventato da Gandhi per filare il cotone. Gandhi ha usato la filatura del cotone ed il Charkha come simboli della lotta non violenta per l'indipendenza indiana. Con il Charkha si augurava che gli indiani potessero diventare autosufficienti e liberi dal dominio inglese, producendo da sé i propri vestiti e non comprando le stoffe inglesi.

Il mio Tahkli

Gandhi ed il suo Charkha

Le cose da dire sono troppe.. in pochissimi giorni ho immagazzinato talmente tante informazioni ed esperienze che a scriverle tutte qui verrebbe un post infinito!!
La cosa importante è che io AMO il mio Tahkli, lo adoro quando piroetta tra le mie dita ed adoro il rumore che il filo fa mentre si sta formando.. credo che presto il mio Tahkli avrà un nome! Preferibilmente indiano.. Raul? Chi lo sa.. vedremo :) 
Lo so, sono pazza, ma do sempre un nome agli oggetti quando mi lego a loro in questo modo!

Inoltre, durante le vacanze di Natale ho parlato con mia nonna sulla produzione e filatura del cotone, che quando lei era bambina veniva eseguita in casa, ed ho scoperto che la mia bisnonna le aveva dato in dote del cotone filato da lei.. una cosa che lei considera di poco valore perché ha più di 80 anni!!! Visto il mio entusiasmo nel vedere queste meravigliose matasse non ha potuto fare a meno di regalarmele ("tanto le dovevo buttare!"). 


Ora sto pensando di tesserle, ma devo organizzarmi bene e trovare un telaio oppure usare il mio a pettine liccio, ma cambiare il pettine.. ok, basta così per oggi! Non voglio andare oltre: questo post doveva giusto accennare alla nuova piega che sta prendendo la mia vita, ma come al solito divento troppo prolissa quando l'argomento mi entusiasma!

Per ricollegarmi all'incipit, dunque.. per quest'anno ho deciso di fare tutto quello che mi pare e piace... e credo di aver iniziato bene!